Intelligenza artificiale emotiva: risorsa o follia? di Maria Luisa Di Pietro

Mag 26, 2024 | Senza categoria

L’affettività, intesa come capacità di provare emozioni, sentimenti e passioni, deriva dal termine latino afficere, che significa influenzare, produrre un cambiamento. Un’esperienza, un incontro, un ricordo, possono suscitare reazioni positive o negative che coinvolgono – inevitabilmente – sia la psiche sia il soma. Reazioni affettive che svolgono – a loro volta – un ruolo significativo nelle relazioni umane e nel processo decisionale. Comprendere, utilizzare e gestire le proprie emozioni per migliorare le relazioni e la comunicazione con gli altri, per superare le sfide e risolvere i propri conflitti interiori, sono frutto di quella intelligenza emotiva che richiede per svilupparsi un graduale percorso di crescita personale. Può una macchina, per quanto “intelligente”, sostituire la complessa sfera dell’affettività umana e sperimentare tenerezza, gratitudine, bontà, o – di contro – rabbia, odio, vendetta? Può una macchina, per quanto “intelligente”, sviluppare un’intelligenza emotiva o emozionale?
Seppur annunciato, sembra che le attuali forme di Intelligenza Artificiale (IA) non siano in grado di provare emozioni, ma possono invece imitarle. D’altra parte, alla IA non si chiede solo di svolgere attività che richiedono procedimenti razionali e logici (percezione visiva, riconoscimento del linguaggio, capacità di prendere decisioni, traduzione da una lingua all’altra), ma anche di comprendere e interagire con gli esseri umani. Anzi, si ritiene che il linguaggio delle emozioni possa migliorare la stessa usabilità dei sistemi di IA.
Attraverso le fasi di emotion modelling, emotion recognition, emotion generation, emotion expression e emotion influence, si consente alla IA di imitare le emozioni umane e si può intervenire – nel contempo – su di esse per condizionarle e modificarle. Le emozioni possono essere così sintetizzate, analizzate, previste e valutate. E, ancora, è possibile identificare e misurare le emozioni in modo da poter dedurre lo stato emotivo o l’espressione di un soggetto dal suo linguaggio paraverbale o non verbale. A questo punto, la IA viene messa nelle condizioni di generare, esprimere e simulare emozioni in modo naturale e realistico e di comunicarle e trasmetterle, influenzandole e cambiandole anche in senso positivo al fine di risolvere conflitti o altri problemi. Una sorta, dunque, di IA emotiva capace di riconoscere, identificare e gestire le emozioni umane allo scopo di raggiungere determinati obiettivi. Sarà una risorsa per l’essere umano o potrà generare “follia”?
Quali potrebbero essere le reazioni ad un sistema che scava e cattura quanto di più intimo c’è nell’essere umano, ovvero le emozioni e i pensieri? Le espressioni del viso e degli occhi, la gestualità delle mani, le posizioni del corpo: tutto ciò che manifesta l’Altro dell’essere umano diverrebbe un dato da elaborare. E se – come scriveva Cassiodoro nel De anima – “Dal volto si riconosce la saggezza dell’uomo. Raffigurati nel nostro volto appaiono gli occulti pensieri e attraverso questa parte del corpo si intravede l’interiore situazione dell’anima e della volontà. Il nostro volto […] è proprio come lo specchio dell’anima, si possono però osservare le sue manifestazioni in maniera chiarissima dall’aspetto del volto”, non sono solo le emozioni ad essere catturate ma è l’anima stessa dell’essere umano.
A fronte di una situazione ancora non ben definita, è inevitabile un richiamo alla prudenza e alla responsabilità morale per non perdere mai di vista la realtà su cui si interviene: l’essere umano e la sua sfera più intima e inviolabile. Una responsabilità, che riguarda tutti: da chi progetta, vende e utilizza i software, a chi inserisce, seleziona, fa lavorare i dati e li utilizza. Una responsabilità, che chiama in causa anche i doveri verso le generazioni future. Ricordando sempre che il protagonista non è né l’IA né il machine learning né l’algoritmo Il protagonista è l’essere umano, ovvero l’unico vivente capace di scegliere e di condizionare – in modo positivo o negativo – la realtà che lo circonda e che può valutare, sempre che ne sia ancora capace, l’accettabilità di una tecnica. Ma solo dopo aver risposto alla domanda di fondo: a quale verità si vogliono conformare le proprie scelte?