Su “Nel nome della figlia” di Chiara Gatti

Gen 29, 2022 | Prendersi cura in forma di poesia

Nel nome della figlia (11/07/2013)

Nel nome di una figlia,
Antigone,
si scrivon leggi nuove
per abitare case.

Nel nome di una figlia,
Ifigenia,
si salvano le rotte
di svelte navi achee.

Nel nome di una figlia,
Nausicaa,
si gioca con la palla
di fronte a un dio straniero.

Nel nome di una figlia
Sefora
si beve ad una fonte
che scappa dal suo Dio.

Nel nome della figlia
si staccano le cetre da salici lucenti
si annodano perdoni per vecchi e nuovi scempi,
si asciugano le lacrime di altri che viviamo.

Chiara Gatti

 

Allusivi ed ammalianti, i versi di Chiara Gatti affascinano e seducono il lettore, suscitando nel cuore antichi presentimenti e suggestioni inattese.

Nel volto di una figlia – una figlia sempre diversa nell’identità (Antigone, Ifigenia, Nausicaa, Sefora) eppure sempre la stessa nella relazione – si intravedono padri (Edipo, Agamennone, Alcinoo, Ietro) che hanno tradito le leggi della natura o che hanno onorato le norme della convivenza umana.

E la figlia, di volta in volta, diventa il luogo e il tempo sia della deviazione rispetto alle violazioni paterne – è il caso di Antigone e di Ifigenia – sia della continuità nella costruzione di una civiltà tollerante ed inclusiva – è il caso di Nausicaa e di Sefora.

Figlie, dunque, nel cui nome la storia procede sia stracciando copioni già scritti e consunti dal tempo della violenza sia tessendo la trama di nuovi incontri che rendono contemporanee leggi antiche che abitano dal principio il cuore dell’uomo.

La casa (v. 4) e lo straniero (v. 12), il ritorno (v. 8) e la fuga (v. 16) appaiono così i poli dialettici di un dinamismo storico inquieto perché lineare e contraddittorio al tempo stesso.

Un dinamismo, questo, che, costituendo la cifra ermeneutica della poesia, rivela la storia come mai prevedibile ma pur sempre impregnata da un Senso – quel Dio da cui anche la natura sembra volere fuggire (v. 16) – che mentre fa annodare perdoni e asciugare lacrime (vv. 17-20) per il tramite della relazione umana – “nel nome della figlia” (v. 17) – lascia intravedere malinconici salici evocatori di “vecchi e nuovi scempi” che, riguardando gli altri, coinvolgono noi perché noi siamo gli altri (v, 20).

Andrea Sollena